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Omicidio di Luca Varani

L'omicidio di Luca Varani è un caso di cronaca nera avvenuto la notte tra il 4 e il 5 marzo 2016 nel quartiere Collatino, in provincia di Roma. 
Il 23enne Luca Varani è stato torturato per ore e infine ucciso da Manuel Foffo e Marco Prato, al termine di un festino a base di droga e alcool durato tre giorni.
La salma riposa nel cimitero Flaminio-Prima Porta di Roma,  GRUPPO I , CAPPELLA ESTERNA 16 PIANO TERRA, LOCULO ADULTI INTERNO, FILA 2 LOCULO n.32 


== Cronologia degli eventi ==
Luca Varani nacque il 23 gennaio 1993 a Sarajevo, nell'ex Jugoslavia, e visse i suoi primi giorni in un orfanotrofio prima di venire adottato da Silvana Agostini e Giuseppe Varani e portato a Roma. Nel 2007 iniziò una relazione con Marta Gaia Sebastiani, che resterà la sua fidanzata fino alla morte. Frequenta la scuola serale e lavora con il padre aiutandolo col suo camioncino mobile dei dolciumi; a seguito del suo omicidio emerse uno scenario secondo il quale Luca conduceva una doppia vita, in cui si vendeva a uomini e ragazzi per denaro e droga. 
La mattina del 4 marzo 2016, mentre si recava al lavoro, venne contattato dal PR romano Marco Prato affinché partecipasse a un festino con alcool e droga in cambio di 100 euro. Prato, omosessuale e noto organizzatore di eventi gay a Roma, tre mesi prima aveva conosciuto Manuel Foffo, studente di giurisprudenza dipendente da alcool e cocaina. Dopo il matrimonio del fratello, Foffo era andato a vivere al decimo piano di una palazzina al civico 2 di via Igino Giordani dove nei primi giorni del marzo 2016, annebbiato dai fumi dell'alcool e della droga, aveva progettato assieme a Prato di uccidere una persona per vedere l'effetto che faceva. La scelta ricadde su Luca, che Foffo e Prato decisero di uccidere dopo aver girato per ore in auto nel centro di Roma.
Appena Luca arrivò all'appartamento di Foffo, sia lui che Prato prima lo stordirono con dell'Alcover in un cocktail e in seguito cominciarono a colpirlo ripetutamente con un coltello e un martello, per poi legarlo al letto e seviziarlo per ore. L'autopsia rivelò che Luca ricevette circa 100 colpi tra coltellate e martellate, e Foffo e Prato gli impedirono di difendersi tagliandogli le corde vocali, facendogli saltare tutti i denti a martellate e spezzandogli le dita. Secondo la ricostruzione sia dei responsabili che degli inquirenti, Luca venne torturato a lungo e morì dopo atroci sofferenze. Una volta terminata la mattanza, gli assassini si addormentarono e si resero conto di quanto fatto solo la mattina dopo, quando i fumi dell'alcool erano spariti. 


== Indagini ==
Preso dal panico, Prato scappò e si rifugiò nell'Hotel San Giusto, nei pressi di Piazza Bologna, dove tentò il suicidio ma senza successo. Foffo, invece, ripulì sommariamente la scena del crimine e si recò al funerale dello zio assieme al padre Valter. Mentre i due erano in macchina, Foffo confessò al padre il delitto appena compiuto e fece il nome di Marco Prato come suo complice. Dopo la confessione del figlio, Valter Foffo tornò a Roma e contattò il suo avvocato Michele Andreano: questo, intorno alle 18:30 del 5 marzo, chiamò la Centrale Operativa dei Carabinieri di Roma e dichiarò che il suo cliente aveva appena ammesso di aver ucciso un giovane uno o due giorni prima assieme a un amico, e di volersi costituire. Dopo il ritrovamento del corpo di Luca nel luogo indicato dall'avvocato Andreano, le autorità riuscirono a rintracciare anche Marco Prato nell'Hotel San Giusto. Sia lui che Foffo furono arrestati immediatamente. I carabinieri trovarono Luca disteso sul letto e avvolto in un piumone, ed era stato reso irriconoscibile dalle innumerevoli ferite presenti sul suo corpo.
Le indagini si concentrarono sulle figure di Marco Prato e Manuel Foffo: entrambi intorno ai 30 anni, venivano da buone famiglie romane (Ledo Prato, padre di Marco, è manager culturale e consulente del Ministero dei Beni Culturali mentre Valter Foffo era un assicuratore che gestiva anche un ristorante) e si erano conosciuti a Capodanno 2015. Durante l'interrogatorio, Foffo dichiarò che continuava a frequentare Prato perché questo aveva un video dove veniva ripreso un rapporto sessuale tra i due, e aveva paura che Prato lo ricattasse. Secondo le parole di Foffo, il festino era iniziato il 29 febbraio e sia lui che Prato avevano già provato a far partecipare un'altra persona (presumibilmente con l'intento di ucciderla) ma senza riuscirci: alla domanda degli inquirenti sull'identità della vittima Foffo, ancora in stato confusionale, disse di non sapere il suo nome e che non si erano mai presentati. 
Quello di Marco Prato risultò essere un profilo molto più controverso: laureato in scienze politiche e organizzatore di eventi gay nei locali della capitale, aveva tentato più volte il suicidio sia a Parigi che a Roma. Da tempo affetto da HIV e soprattutto da disturbi bipolari, aveva smesso di prendere farmaci per curarsi cinque giorni prima del delitto. Nel periodo del festino che sfociò nell'omicidio, assieme a Foffo aveva consumato enormi quantità di droga e indossato abiti femminili. Dopo essersi rinchiuso in una stanza dell'Hotel San Giusto, tentò il suicidio ingoiando sonniferi ma fu ricoverato tempestivamente all'Ospedale Sandro Pertini e salvato con una lavanda gastrica. Prato, negli interrogatori, disse che durante l'omicidio era in balia di Foffo e che fu proprio quest'ultimo a dare le prime martellate a Luca, in preda a un raptus incontrollabile.


== Processo ==
Il 22 dicembre 2016 Prato e Foffo furono rinviati a giudizio con l'accusa di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai motivi abbietti e futili. Secondo le parole del pubblico ministero, "davanti a condotte criminali come questa oggetto del processo è difficile credere che possano essere commesse da un umano. Il polimorfismo da cui è affetto Foffo, né l'intossicazione cronica da alcol, giustificano quanto accaduto". Aggiunse che con l'omicidio di Luca si era toccato "l'abisso umano" e che la vittima era cosciente durante le torture che le venivano inferte, patendo un'agonia di due ore e morendo in modo lento e atroce. 
Manuel Foffo chiese di essere giudicato col rito abbreviato, e il 21 febbraio 2017 venne condannato a 30 anni di reclusione: la condanna fu confermata in appello il 10 luglio 2018 e in cassazione il 3 luglio 2019, nonostante i periti della difesa sostenessero la tesi dell'atrofia cerebrale sofferta da Foffo dovuta all'uso di cocaina che andava avanti da dieci anni. Ad oggi Manuel Foffo sconta la sua pena nel carcere di Rebibbia. Marco Prato ebbe un processo separato che avrebbe dovuto cominciare il 21 giugno 2017, ma la notte tra il 19 e il 20 giugno venne trovato morto nel carcere di Velletri con  in testa un sacchetto di plastica riempito di gas. Prima di suicidarsi, lasciò una lettera d'addio dove si professava innocente e diceva di non riuscire a gestire la lacerante attenzione mediatica.


== Influenza culturale ==


=== Romanzi ===
La città dei vivi di Nicola Lagioia (2020)


=== Podcast ===
Mangiafuoco sono io: Luca Varani (2019), podcast prodotto da Rai Radio 1
La città dei vivi (2021), podcast di cinque puntate a cura di Nicola Lagioia


=== Film/Serie TV ===
Il delitto Varani, regia di Nicola Prosatore (2018)


== Note ==


== Bibliografia ==
 Nicola Lagioia, La città dei vivi, Einaudi, 2020, ISBN 978-8806253424.