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Carlo Goldoni nacque a Venezia il 25 febbraio 1707. Fece i
primi studi a Perugia, presso il padre medico, e poi a Rimini.
Dal '23 al '25 seguì i corsi di giurisprudenza a Pavia, dove
aveva ottenuto un posto nel collegio Ghislieri.
Espulso dal collegio, per una satira che egli s'era lasciato
indurre a scrivere e a divulgare contro le donne di quella città,
tornò presso la famiglia a Chioggia.
Negli anni '28 - '29 fu coadiutore del cancelliere criminale,
prima a Chioggia e poi a Feltre; nel '31 si laureò a Padova, e l'anno
seguente iniziava a Venezia la professione dell'avvocatura, che continuò
poi, sebbene alquanto saltuariamente, fino al 1747, alternandola con
incarichi
diplomatici a Milano e a Genova, con frequenti peregrinazioni nelle varie
regioni d'Italia e con una ricca e multiforme
attività di scrittore teatrale.
Al teatro s'era accostato con passione fin dall'infanzia: il
gusto dello spettacolo era assai vivo nell'ambiente veneziano (anche il
nonno di Carlo amava organizzare nella sua villa
rappresentazioni di commedie e melodrammi, non ultima ragione
della rovina economica della famiglia); e Goldoni fin dai primi anni s'era
dato con molto gusto alla lettura dei drammi del Cicognini, e si divertiva
con le marionette; tredicenne ,
partecipo' in casa a una rappresentazione della "Sorellina di don Pilone";
mentre era a Rimini, per studiare filosofia, si
distraeva frequentando le recite di una compagnia comica, con la quale
scappo' poi in barca per ricongiungersi con i suoia
Chioggia; più tardi a Pavia, scartabellando nella biblioteca di
un suo professore, vi lesse raccolte di opere teatrali inglesi,
spagnole e francesi, meravigliandosi che non ve ne fosse alcuna
di autori italiani: avvertiva fin d'allora con pena questa lacuna
della nostra letteratura.
In seguito conobbe le commedie del Della Porta, del Gigli, del
Fagiuoli, del Nelli; ammirò| la "Mandragola"; lesse Aristofane,
Plauto, Terenzio; lodò lo Zeno e il Metastasio; studi| il teatro
francese e, con particolare predilezione, Moliere; non gli furono
ignote neppure le opere teoriche e critiche sull'arte drammatica,
dal Castelvetro al Gravina, dal Muratori al Maffei.
Ma già prima di procurarsi quella salda preparazione critica e
quella disciplina di studi, di cui si riconosce il frutto nelle
opere più mature, s'era dato a scrivere per il teatro con una
passione e un entusiasmo, un po' frettolosi e sbandati, ma non
dilettanteschi.
Nel '32 aveva composto la prima tragedia per musica ,
l'"Amalasunta"; e negli anni successivi (a Milano, a Verona, a Venezia, a
Genova, a Pisa) scriveva e faceva rappresentare
melodrammi, intermezzi, tragicommedie e commedie, in parte opere originali,
in parte rifacimenti di libretti dello Zeno e del
Pariati.
Passando per diversi tentativi veniva a poco a poco preparando se stesso e il
pubblico a quella riforma della commedia ,
considerata come organismo letterario, che egli vagheggiava e doveva poi
attuare in pieno negli anni successivi, e che gi à
s'annunzia nel "Momolo cortesan" e nella "Donna di garbo".
Nel '47, dopo la rappresentazione a Livorno di quest'ultima commedia,
strinse un contratto con la compagnia di Girolamo
Medebac, della quale fu il poeta stipendiato fino al '52.
Le commedie, da lui dettate e recitate dai comici del Medebac gli
procurarono una rapida fama, che s'accrebbe quando nel
febbraio del '50, promise di comporre per la stagione prossima
ben sedici commedie nuove, e mantenne l'impegno presentandone
addirittura diciassette.
Nell'83 intraprese a scrivere, in francese, le sue "Memorie",
che poi condusse innanzi fino al 1787.
Morì il 6 febbraio 1793.
LA PUPILLA
di Carlo Goldoni
Commedia in cinque Atti in Versi sdruccioli e di Scena stabile.
A SUA ECCELLENZA
LA SIGNORA
CORNELIA BARBARO GRITTI
FRA LE ARCADI PASTORELLE
ARISBE TARSENSE
Io non vi parlerò, gentilissima Arisbe, con quello stile che potrebbe esigere il vostro grado dal mio, ma con quella umile fratellanza che Arcadia nostra ci accorda. Le campagne Tarsensi, che Voi possedete (riportandomi all'antica Geografia), sono molto più vaste delle Fegeje che io possedo,
...tutto ciò riverita ed amata, ma permettete ch'io dica, che legami a Voi strettamente, e assai più, l'amor proprio. Sentirmi da Voi lodato, veder le opere mie da Voi, saggia, virtuosa Donna, approvate, sentirmi dire da una sì preziosa bocca: sei bravo, mi solleva dal basso della disistima che ho di me stesso, e mi lusinga di essere qualche cosa di più. Sarebbe ella codesta un'illusione al mio spirito, prodotta unicamente dalla vostra bontà? No, non lo credo. So che siete nemica dell'adulazione.
...
[Fine del testo di assaggio]
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