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Domenica 5 maggio 2024


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Supplementi autore Goldoni Carlo


CARLO GOLDONI
Venezia, 25 febbraio 1707
Parigi, 6 febbraio 1793

Carlo Goldoni nacque a Venezia il 25 febbraio 1707. Fece i primi studi a Perugia, presso il padre medico, e poi a Rimini.
Dal '23 al '25 seguì i corsi di giurisprudenza a Pavia, dove aveva ottenuto un posto nel collegio Ghislieri.
Espulso dal collegio, per una satira che egli s'era lasciato indurre a scrivere e a divulgare contro le donne di quella città, tornò presso la famiglia a Chioggia.
Negli anni '28 - '29 fu coadiutore del cancelliere criminale, prima a Chioggia e poi a Feltre; nel '31 si laureò a Padova, e l'anno seguente iniziava a Venezia la professione dell'avvocatura, che continuò
poi, sebbene alquanto saltuariamente, fino al 1747, alternandola con incarichi diplomatici a Milano e a Genova, con frequenti peregrinazioni nelle varie regioni d'Italia e con una ricca e multiforme attività di scrittore teatrale.
Al teatro s'era accostato con passione fin dall'infanzia: il gusto dello spettacolo era assai vivo nell'ambiente veneziano (anche il nonno di Carlo amava organizzare nella sua villa rappresentazioni di commedie e melodrammi, non ultima ragione della rovina economica della famiglia); e Goldoni fin dai primi anni s'era dato con molto gusto alla lettura dei drammi del Cicognini, e si divertiva con le marionette; tredicenne , partecipo' in casa a una rappresentazione della "Sorellina di don Pilone";
mentre era a Rimini, per studiare filosofia, si distraeva frequentando le recite di una compagnia comica, con la quale scappo' poi in barca per ricongiungersi con i suoia Chioggia; più tardi a Pavia, scartabellando nella biblioteca di un suo professore, vi lesse raccolte di opere teatrali inglesi, spagnole e francesi, meravigliandosi che non ve ne fosse alcuna di autori italiani: avvertiva fin d'allora con pena questa lacuna della nostra letteratura.
In seguito conobbe le commedie del Della Porta, del Gigli, del Fagiuoli, del Nelli; ammirò| la "Mandragola"; lesse Aristofane, Plauto, Terenzio; lodò lo Zeno e il Metastasio; studi| il teatro francese e, con particolare predilezione, Moliere; non gli furono ignote neppure le opere teoriche e critiche sull'arte drammatica, dal Castelvetro al Gravina, dal Muratori al Maffei.
Ma già prima di procurarsi quella salda preparazione critica e quella disciplina di studi, di cui si riconosce il frutto nelle opere più mature, s'era dato a scrivere per il teatro con una passione e un entusiasmo, un po' frettolosi e sbandati, ma non dilettanteschi.
Nel '32 aveva composto la prima tragedia per musica , l'"Amalasunta"; e negli anni successivi (a Milano, a Verona, a Venezia, a Genova, a Pisa) scriveva e faceva rappresentare melodrammi, intermezzi, tragicommedie e commedie, in parte opere originali, in parte rifacimenti di libretti dello Zeno e del Pariati.
Passando per diversi tentativi veniva a poco a poco preparando se stesso e il pubblico a quella riforma della commedia , considerata come organismo letterario, che egli vagheggiava e doveva poi attuare in pieno negli anni successivi, e che gi à
s'annunzia nel "Momolo cortesan" e nella "Donna di garbo".
Nel '47, dopo la rappresentazione a Livorno di quest'ultima commedia, strinse un contratto con la compagnia di Girolamo Medebac, della quale fu il poeta stipendiato fino al '52.
Le commedie, da lui dettate e recitate dai comici del Medebac gli procurarono una rapida fama, che s'accrebbe quando nel febbraio del '50, promise di comporre per la stagione prossima ben sedici commedie nuove, e mantenne l'impegno presentandone addirittura diciassette.
Nell'83 intraprese a scrivere, in francese, le sue "Memorie", che poi condusse innanzi fino al 1787.
Morì il 6 febbraio 1793.




Testo di assaggio


Goldoni Carlo: Il conte Caramella
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Approfondimenti sull'opera

Carlo Goldoni
Il conte Caramella

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Il conte Caramella
AUTORE: Goldoni, Carlo
TRADUTTORE:
CURATORE: Ortolani, Giuseppe
NOTE: Il testo è stato preparato in collaborazione
con Giuseppe Bonghi, responsabile del sito
"Biblioteca dei Classici Italiani"
(http://www.classicitaliani.it/), e con
Dario Zanotti, responsabile del sito
...Venuto è il diavolino
In questa casa a far il tamburino.
DOR.
(Affé, se l'han bevuta). (da sé)
CEC.
Ho paura che sia
L'anima del padron. Il poverino
Son quattro mesi che morì alla guerra;
E perché ci vuol bene,
Dopo ch'è morto a ritrovar ci viene.
GHI.
Eh, non è già il padrone;
So io cos'è.
CEC.
Dimmelo, Ghitta mia.
GHI.
Senti. Oimè, mi vien freddo.
L'altra sera ho veduto
Un grande, grande, nero, nero, porco:
Cecco mio, Cecco mio, quell'era l'orco.
CEC.
...
[Fine del testo di assaggio]


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