Testo di assaggio

Ansimando sull’orlo di un’esplosione perenne, giorno dopo giorno, perduto in una vertigine di ore braccate e respiri marci, corti, nel collasso baluginante di macchine in corsa e sportelli che sbattono, di attentati, carcerato dentro palazzoni anonimi e senza peso, lunghissimi, grandissimi, forse mai esistiti, morti dentro e prima di lui. Deluso, triste, arrabbiato, straziato, con una compagna e una figlia, è così che lo s’immagina lo scrittore. E inesorabilmente intrecciato alle vicende di un a
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Solo un sasso

“Astromono.”

“Astronomo” dice Angelo, correggendo il bambino.

“A-stro-mo-no” ripete il bambino.

“Va bene, va bene” dice Angelo, entrando con la macchina nel parcheggio del piazzale.

“Posso portarmi la palla?”

“Cosa? La palla al Planetario?” dice sua moglie voltandosi verso il bambino.

“Allora mi porto Vomito” dice il bambino, afferrando il piccolo alieno verde di peluche con le quattro lingue di fuori.

Entrano nel Museo. La donna si mette in fila.
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[Fine del testo di assaggio]


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