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Giovedì 25 aprile 2024


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Supplementi autore Parker Dorothy


Dorothy Parker

Intellettuale loquace ed eccentrica, nonché brillante scrittrice newyorchese, Dorothy Parker si è dedicata sia al giornalismo mondano che alla stesura di romanzi, distinguendosi sempre per uno stile elegante e finemente arguto. Nelle sue poesie e nei suoi racconti trasparivano soventemente la sua profonda malinconia e il suo senso di auto-distruzione, da lei filtrati però con impeccabile stile e squisito cinismo.

Nasce come Dorothy Rothschild a Long Branch, nel New Jersey (USA), il 22 agosto 1893. Cresciuta in una famiglia agiata, rimane orfana della madre ancora molto piccola. Riceve un'ottima educazione e poco più che adolescente comincia a scrivere poesie.
Notata per il suo stile spregiudicato e pungente, nel 1917 viene chiamata a lavorare come cronista per la nota rivista "Vanity Fair", a cui seguiranno apprezzate collaborazioni anche per il "New Yorker" e "Vogue". In breve si fa notare per lo spietato cinismo con cui distrugge un brutto spettacolo e per l'elegante sarcasmo con cui sparla di tutto e di tutti.

Sempre nel 1917 la scrittrice sposa Edward Pond Parker II, che la lascerà poco dopo per partire in guerra. Tornerà qualche anno dopo con gravi problemi d'alcolismo, tanto che nel 1928 la Parker deciderà per il divorzio.
Intanto, a partire dai primi anni '20, Dorothy Parker è diventata l'eccentrica animatrice dell'ambiente giornalistico, letterario e teatrale che fa capo al ristorante dell'hotel Algonquin a Manhattan, il celebre "circolo vizioso", costituito da un gruppo di noti scrittori, giornalisti e critici, come George S. Kaufman, Alexander Woollcott, Edna Ferber e Robert Sherwood.
Nel gruppo c'è anche il critico letterario Robert Benchley, con cui l'autrice instaurerà una forte amicizia, anche se molti sostengono si sia trattato più che altro di un amore non consumato.

Nel 1922 conosce il commediografo Charles MacArthur, con cui instaura un'infuocata relazione che le costerà un abbandono ed un aborto, inacidendo ancor di più il suo carattere pungente e scettico. La lingua tagliente, la passione per gli alcolici e lo stile di vita disinibito contribuiscono a fare di lei un personaggio: per tutti è la "donna più spiritosa di New York".

Nel 1929 vince il celebre premio letterario O. Henry Prize per la sua squisita novella "Big Blonde".
Negli anni '30 continua a pubblicare decine di racconti e poesie di grande successo, ma l'alcolismo e le storie d'amore fallite la fanno entrare in una cupa depressione, tanto che tenta addirittura di suicidarsi. Ma lei riuscirà a scherzare anche su questo. Infatti nella sua poesia più famosa, "Rèsumé", la scrittrice scrive con un amara ironia: "I rasoi fanno male,/i fiumi sono freddi,/l'acido lascia tracce,/le droghe danno i crampi,/le pistole sono illegali,/i cappi cedono,/ il gas è nauseabondo.../Tanto vale vivere". Questo era il suo stile: amaro e disincantato, in cui non c'è spazio per la speranza e l'auto-commiserazione, ma carico di passione e umorismo.

Nel 1933 sposa lo scrittore Alan Campbell, di undici anni più giovane di lei, con cui avvierà un'affiatata collaborazione quando, verso la metà degli anni '30, viene chiamata ad Hollywood come sceneggiatrice. E' loro la sceneggiatura delle prima versione di "È nata una stella" (A Star is Born, 1937) di William A. Wellman, nominato all'Oscar. È nel 1939 comunque che la scrittrice, grazie alla pubblicazione della raccolta di racconti "Il mio mondo è qui" (Here Lies), ottiene la fama internazionale, venendo riconosciuta ufficialmente come "grande scrittrice".

Le sue idee apertamente socialiste - nel 1922 appoggia la protesta contro la pena di morte decisa per Sacco e Vanzetti, e nel 1937 si reca nella Spagna della Guerra Civile per appoggiare le azioni Lealiste - la fanno allontanare da Hollywood e le causano problemi con il governo, che nel 1943 le nega il visto per andare in Europa come inviata di guerra, e negli anni '50 la indaga e la condanna.
Ma a spezzarle la vena e la vita è il crollo del suo mondo. Nel 1945 infatti l'amato Robert Benchley muore per un'emorragia cerebrale, e intanto i rapporti con Campbell non sono dei migliori: i due infatti divorziano nel 1947, si risposano nel 1950 e si separano di nuovo nel 1953, per riconciliarsi di nuovo nel 1957, stando così insieme fino alla morte di lui, avvenuta nel 1963.

Negli anni '50 ormai Dorothy Parker è sempre più amareggiata e totalmente vittima dell'alcol. Fortunatamente nel 1958 riceve un importante premio letterario che sembra risollevarle il morale. Trascorre gli ultimi anni in una stanza d'hotel a New York, con gravi problemi di salute e pochi soldi in tasca.

La straordinaria Dorothy Parker si spegne sola e alcolizzata il 7 giugno 1967, all'età di settantaquattro anni.

L'autrice lascia erede universale dei suoi scritti nientemeno che Martin Luther King, di cui era una sostenitrice. L'ultimo suo colpo di genio è l'epitaffio che si è fatta scrivere sulla tomba: "Scusate la polvere".
Dorothy Parker ha lasciato il ricordo di uno straordinario talento letterario, rivalutato purtroppo solo negli ultimi anni. Della sua opera ci restano commedie, versi - le sue "Poesie raccolte" (Collected poetry) sono state pubblicate nel 1944 -, e libri di narrativa - tra cui il già citato "Il mio mondo" (Here Lies, 1939) e "Racconti" (Collected Stories, 1942) -, in cui ha saputo ironizzare, come nessun'altro mai prima e dopo, sulla fatuità della vita, sulla follia dell'amore e sui conformismi del mondo alto-borghese.

Tratto da biografieonline.it

Biografia di Dorothy Parker.txt (5.4 kb)


Testo di assaggio


Parker Dorothy: Giochi di società
Grandezza del file: 432 kb
Informazioni sull'autore
Approfondimenti sull'opera

Dorothy Parker.
GIOCHI DI SOCIETA'.
BUR, Milano.
Prima edizione BUR novembre 2013.

Proprietà letteraria riservata.
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...sarò io. Cosa vuoi fare, tornare da Jeannette e dirle che so quello che sta dicendo di me? Non voglio coinvolgerti in questa storia, ma dille almeno questo da parte mia. Puoi tenertene fuori. Non devi per forza dirle che me l'hai detto. Non devi neppure dirle che mi hai visto. Cioè, se ti vergogni di dire alla gente che mi conosci, per me va bene. Non voglio rompere le scatole a nessuno. Che m'importa se ti vergogni di dire ai tuoi amici che sei amico mio? Penso di poterlo sopportare, giusto?
...
[Fine del testo di assaggio]


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