Biblioteca Digitale per i Ciechi
Distributore BDCiechi
 


Mercoledì 24 aprile 2024


Frase del giorno: Sei nata ieri, morirai domani, chi per sì breve vita t’ha creata? (Luis de Góngora)
Santi del giorno: Sante Maria di Cleofa e Salomè, San Fedele da Sigmaringen, Sant'Erminio venerato a Perugia, sant'Ivo eremita nell'Huntingdonshire, Sant'Elia Iorest e Sava Brancovici, Santi Maurizio, Giorgio e Tiberio, Santa Maria Elisabetta Hesselblad, San Gregorio di Elvira, San Deodato di Blois, San Benedetto (Angelo) Menni




Domande frequenti | Contatto

Premere qui per andare alla versione mobile
Sessione scaduta per inattività di oltre 60 minuti.

Per scaricare le opere occorre reinserire le credenziali di registrazione al servizio.



Premere qui per recuperare le credenziali



Supplementi autore Carducci Giosuè


Giosuè Carducci
27 luglio 1835
16 febbraio 1907

Giosuè Carducci nasce il 27 luglio 1835 a Valdicastello in provincia di Lucca, da Michele Carducci, medico e rivoluzionario, e Ildegonda Celli, di origini volterrane. Il 25 ottobre 1838 la famiglia Carducci, a causa del concorso vinto dal padre per diventare medico di zona, si trasferisce a Bolgheri, sperduto paesello della Toscana che grazie al poeta diventerà
famoso in tutti il mondo. La permanenza nella Maremma è testimoniata e rievocata con affettuosa nostalgia nel sonetto "Traversando la Maremma toscana" (1885) e in molti altri luoghi della sua poesia.
Del nucleo familiare fa anche parte la celeberrima Nonna Lucia, una figura determinante nell'educazione e formazione del piccolo Giosuè tanto che il poeta la ricorda con grande affetto nella poesia "Davanti San Guido". Pochi anni dopo, però (precisamente nel 1842), questa figura per noi ormai nobilmente letteraria muore, gettando Giosuè nella disperazione.
I moti rivoluzionari intanto prendono piede, moti nei quali è coinvolto il passionale e "testacalda" padre Michele. La situazione si complica al punto tale che vengono sparate fucilate contro la casa della famiglia Carducci, in seguito all'acuirsi del conflitto tra Michele Carducci e la parte più
conservatrice della popolazione bolgherese; l'evento li costringe al trasferimento nella vicina Castagneto dove rimangono per quasi un anno (oggi conosciuta appunto come Castagneto Carducci).
Il 28 aprile 1849 i Carducci giungono a Firenze. Giosuè frequenta l'Istituto degli Scolopi e conosce la futura moglie Elvira Menicucci, figlia di Francesco Menicucci, sarto militare. L'11 novembre 1853 il futuro poeta entra alla Scuola Normale di Pisa. I requisiti per l'ammissione non collimano perfettamente, ma è determinante una dichiarazione di padre Geremia, suo maestro, in cui garantisce: "... è dotato di bell'ingegno e di ricchissima immaginazione, è colto per molte ed eccellenti cognizioni, si distinse persino tra i migliori. Buono per indole si condusse sempre da giovine cristianamente e civilmente educato". Giosuè sostiene gli esami svolgendo brillantemente il tema "Dante e il suo secolo" e vince il concorso. Negli stessi anno costituì, insieme con tre compagni di studi, il gruppo degli "Amici pedanti", impegnato nella difesa del classicismo contro i manzoniani. Dopo la laurea, conseguita con il massimo dei voti, insegna retorica al liceo di San Miniato al Tedesco.
È il 1857, anno in cui compone le "Rime di San Miniato" il cui successo è
quasi nullo, salvo una citazione su una rivista contemporanea del Guerrazzi.
La sera di mercoledì 4 novembre si uccide il fratello Dante squarciandosi il petto con un bisturi affilatissimo del padre; mille le congetture. Si dice perché stanco dei rimbrotti familiari specialmente del padre, che era diventato intollerante e duro anche con i figli. L'anno dopo, ad ogni modo, muore il padre del poeta.
Un anno di lutto e il poeta finalmente si sposa con Elvira. In seguito, dopo la nascita delle figlie Beatrice e Laura, si trasferisce a Bologna, un ambiente assai colto e stimolante, dove insegna eloquenza italiana all'Università. Ebbe così inizio un lunghissimo periodo di insegnamento (durato fino al 1904), caratterizzato da una fervida e appassionata attività
filologica e critica. Nasce anche il figlio Dante che però muore in giovanissima età. Carducci è duramente colpito dalla sua morte: torvo, lo sguardo fisso nel vuoto, si porta dietro il suo dolore ovunque, in casa, all'università, a passeggio. Nel giugno 1871 ripensando al figlio perduto compone "Pianto antico".
Negli anni '60, lo scontento provocato in lui dalla debolezza dimostrata, a suo giudizio, in più occasioni dal governo postunitario (la questione romana, l'arresto di Garibaldi) sfociò in un atteggiamento filo-repubblicano e addirittura giacobino: ne risentì anche la sua attività poetica, caratterizzata in quest'epoca da una ricca tematica sociale e politica.
Negli anni successivi, con il mutare della realtà storica italiana, Carducci passa da un atteggiamento violentemente polemico e rivoluzionario a un ben più tranquillo rapporto con lo stato e la monarchia, che finisce per l'apparirgli la migliore garante dello spirito laico del Risorgimento e di un progresso sociale non sovversivo (contro al pensiero socialista).
La nuova simpatia monarchica culmina nel 1890 con la nomina a senatore del regno.
Tornato a Castagneto nel 1879, dà vita, insieme ai suoi amici e compaesani alle celebri "ribotte " durante le quali ci si intrattiene degustando piatti tipici locali, bevendo vino rosso, chiacchierando e recitando i numerosi brindisi composti per quelle occasioni conviviali.
Nel 1906 al poeta viene assegnato il Premio Nobel per la Letteratura ("Non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all'energia creativa, alla purezza dello stile ed alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica"). Le condizioni di salute non gli consentono di recarsi a Stoccolma per ritirare il premio che gli viene consegnato nella sua casa di Bologna.
Il 16 febbraio 1907 Giosuè Carducci muore a causa di una cirrosi epatica nella sua casa di Bologna, all'età di 72 anni.
I funerali si tengono il 19 febbraio e il Carducci viene seppellito alla Certosa di Bologna dopo varie polemiche relative al luogo di inumazione.

Frasi di Giosuè Carducci.
«Chi riesce a dire con venti parole ciò che può essere detto in dieci, è capace pure di tutte le altre cattiverie.»
«I giovini non possono generalmente esser critici; e, per due o tre che riescano, cento lasciano ai rovi della via i brandelli del loro ingegno o ne vengon fuori tutti inzaccherati di pedanteria e tutti irti le vesti di pugnitopi: la critica è per gli anni maturi.»
«L'arte e la letteratura sono l'emanazione morale della civiltà, la spirituale irradiazione dei popoli.»




Testo di assaggio


Carducci Giosuè: Rime e ritmi
Grandezza del file: 56 kb
Informazioni sull'autore
Approfondimenti sull'opera

Letteratura italiana Einaudi

Rime e ritmi

di Giosuè Carducci

Edizione di riferimento:
a cura di Luigi Banfi, Mursia, Milano 1987

SOMMARIO.
Alla signorina Maria A. 1
Nel chiostro del Santo 2
Jaufré Rudel 3
In una villa 4
Piemonte 6
Ad Annie 12
A C. C. 13
Bicocca di San Giacomo 14
La guerra 20
Nicola Pisano 23
Cadore 26
Carlo Goldoni 33
A Scandiano 36
Alla figlia di Francesco Crispi 37
Alla città di Ferrara 39
Mezzogiorno alpino 46
L’ostessa di Gaby 47
Esequie della guida E. R. 48
...operosa vecchiezza t’illustra, serena t’adorna signoril grazia e il dolce di giovinezza lume; 4

facil corre in te l’ora tra liete aspettanze e ricordi calmi, sì come l’aura tra la collina e il mare. 6

PIEMONTE

Su le dentate scintillanti vette
salta il camoscio, tuona la valanga
da’ ghiacci immani rotolando per le
selve scroscianti: 4

ma da i silenzi de l’effuso azzurro
esce nel sole l’aquila, e distende
in tarde ruote digradanti il nero
volo solenne.
...
[Fine del testo di assaggio]


Torna a inizio pagina


Curatore della Biblioteca Digitale per i Ciechi: Carmelo Ottobrino
Software Copyright © 2010-2024 Giuliano Artico